
Molti di noi si aspettavano che buona parte delle persone sarebbero uscite alla fine del lockdown come un fiume in piena. E invece non è proprio così: diverse persone sono rimaste intrappolate in quella che viene definita “La sindrome della tana”, ispirandosi ad un romanzo di Kafka.
Nell’attesa della riapertura, durante la quarantena, molti di noi si sono creati un’altra routine: piccole soddisfazioni e nuove abitudini solitarie, create per dare un senso ai giorni trascorsi in casa, in attesa della fine del lockdown.
Le aspettative sono mutate
Giorno dopo giorno, per alcuni, le aspettative sono cambiate: la quarantena è diventata in poco tempo la nuova normalità. Molte persone si sono trovate a vivere apatici e anestetizzati nella propria dimora, nella propria tana, per l’appunto, e il mondo esterno non era più ciò che si desiderava, affievolendo il desiderio di libertà.
Spirito di adattamento
Questi individui “vittime della sindrome”, sono coloro che rimangono più destabilizzati dalle fasi di transizione, come la pandemia, in quanto chiamati a rimettere in gioco le proprie competenze, senza tener conto delle ansie che la quarantena allevia, limitando il contatto con gli altri, influendo particolarmente sugli adolescenti.
Alcuni esperti, infatti, ipotizzano che molti si sono rifugiati online, ovvero in un mondo senza tempo. Ed è proprio qui che la sindrome prende vita: tornare alla gestione del tempo antecedente alla pandemia è quello che rischia di mettere più in crisi gli individui. Bisognerebbe quindi tornare ad imparare come strutturare da soli il proprio spazio e il proprio tempo e, purtroppo, non per tutti risulta facile e immediato.
Come rimediare
Si deve ripartire con il contatto con piccoli gruppi di persone (amici), ovviamente nel rispetto delle regole del distanziamento sociale, perché ciò che più conta ora è la componente emotiva: frequentare i propri cari, amici inclusi, può essere utile per la trasmissione reciproca di sicurezza.
In alcuni casi potrebbe essere fondamentale creare un clima emotivo positivo soprattutto in famiglia, in quanto spesso è essa la chiave per oltrepassare le fasi di transizione.
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